PLATOONS
I miti platonici "tradotti" in animazioni digitali dalle classi 3B e 3D del liceo linguistico G.Zanella
Indice della pagina
Premessa metodologica
Introduzione: dal mito al logos
Introduzione : dal mito al logos.
La nascita della filosofia in Grecia segna il passaggio dalla tradizione orale alla civiltà della scrittura, una
svolta epocale che comporta il transito della verità dall’elemento narrativo e simbolico del mito alla dimensione dell’argomentazione logico- razionale. Questo passaggio non fu improvviso ma ebbe un periodo di "gestazione" nel pensiero dei presocratici, dove l’argomentazione logica si trova ancora “incorporata” in elementi
simbolici e narrativi. Anche Platone, al quale si riconosce di aver completato il "guado" dalla verità dal mito al logos, ha
però utilizzato all’interno dei suoi dialoghi la forza espressiva del mito. In Platone non assistiamo ancora alla frattura tra mito e pensiero razionale. Tuttavia i miti hanno qui una natura
diversa ed esplicano funzioni diverse nei differenti dialoghi platonici, che, secondo l’autorevole studioso Mario Vegetti, possono essere così
individuate:
a) rappresentazioni attraverso immagini di argomenti razionali;
b) esemplificazioni delle finalità morali e politiche della sua filosofia;
c) descrizioni verosimili di problemi talmente complessi che non possono essere definitivamente
chiariti ed esauriti dall’argomentazione logico discorsiva.
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IL MITO DELLA CITTA' IDEALE NELLA REPUBBLICA
La Repubblica, che occupa un ruolo centrale nell’opera complessiva di Platone, si presenta nella sua stessa "architettura"
compositiva come la narrazione di un mito: la definizione di una comunità perfetta, il mito della città ideale. In questo lungo dialogo, composto da dieci libri, Platone introduce tre diversi miti che sottolineano i passaggi più significativi delle sue argomentazioni.
1) L’anello di Gige: che cos'è la giustizia?.
Nel secondo libro della Repubblica Glaucone , un fratello di Platone che sta dialogando con Socrate sul tema della giustizia , narra il mito dell’anello di Gige, rielaborando quanto raccontato da Erodoto: si tratta di Gige, antenato del re di Lidia Creso, un pastore al servizio del re di Lidia Candaule.
Versione della classe 3LD
Glaucone racconta il mito per dimostrare che , se c’è l’opportunità di non essere scoperti, nessuno evita di compiere azioni illegittime , una volta eliminato il rischio che qualcuno possa vedere tali azioni, per cui se l’anello fosse dato a una persona giusta o empia, i comportamenti sarebbero gli stessi.
Socrate in risposta alla "provocazione" di Glaucone, determinando così lo sviluppo stesso di tutto il dialogo, cercherà di dimostrare che questa mentalità da “furbetti” si sviluppa all’interno di una società già corrotta e malata ma che, nel contesto di una società sana, la giustizia non rappresenta una convenzione di comodo, bensì l’equilibrio e l’armonia tra le diverse classi sociali, come condizione essenziale della coesione e della vita dell’organismo sociale.
2) Il mito della caverna : l'avventuroso cammino della conoscenza
Ma chi sarà in grado di applicare la giustizia intesa come armonia ed equilibrio nella polis per perseguire il bene comune? Il governante che pratica la saggezza, ovvero il filosofo che pratica
la saggezza in quanto conosce il bene. Il mito della caverna illustra figurativamente il processo di ascesa dalla conoscenza sensibile alla contemplazione delle idee , quel processo educativo che
solo consentirà al futuro re filosofo di governare con giustizia.
Versione della classe 3LB
La caverna oscura simboleggia il mondo dell'esperienza sensibile; gli schiavi incatenati rappresentano la condizione umana, le catene – l’ignoranza e le passioni che ci inviluppano a questa vita fatta di valori effimeri; Le ombre delle statuette e i simulacri che le producono sono le cose del mondo sensibile , un mondo solo apparente di cose destinate a degradarsi e a scomparire nella corrente del divenire che tutto trascina con sé; La liberazione dello schiavo – l’azione della conoscenza e della filosofia; Il mondo fuori della caverna – le idee; le immagini delle cose riflesse nell’acqua – le idee matematiche che preparano alla filosofia; il sole – l’idea del Bene che tutto rende possibile e conoscibile; La contemplazione delle cose e del sole – la conoscenza ai suoi massimi livelli.
3) Il mito di ER: la responsabilità di scegliere il proprio destino.
Nel decimo e ultimo libro della Repubblica Platone ritorna, dopo la discussione intorno alla possibilità di realizzare la giustizia sul piano sociale, a considerare la condotta individuale, vista come il risultato di scelte compiute consapevolmente che modelleranno il destino dell'uomo anche nelle sue future incarnazioni. Sarà attraverso il racconto che Socrate ci propone della vicenda di Er , l’eroe guerriero della Panfilia, morto in guerra, il cui corpo ritrovato dopo 10 giorni si ridesta, svelando ciò che ha visto nell’aldilà, che Platone conclude la sua opera consegnandoci un documento destinato a lasciare un segno indelebile su cui rifletterà tutta la tradizione del pensiero occidentale sino ai giorni nostri
Versione della classe 3LD
Il mito di Er chiude il dibattito sulla giustizia presente nella Repubblica, la virtù che l’uomo deve assumere per svolgere bene il suo compito in vita. Concludiamo con le parole chiarificatrici che Socrate rivolge al suo interlocutore: "È così, Glaucone, che ci fu conservato questo racconto senza andare perduto, racconto che può salvarci, se gli diamo fede; e allora traverseremo felicemente il fiume Lete e non ci macchieremo l’anima. Ma se voi darete retta a me, convinti che la nostra anima è immortale e capace di soffrire tutti i mali come di godere tutti i beni, noi seguiremo sempre la via che conduce in alto, e praticheremo in ogni modo la giustizia insieme con la saggezza. Così noi saremo amici a noi stessi e agli dei, non solo mentre viviamo qui, ma anche quando avremo riportato i premi della giustizia, come i vincitori dei giochi che raccolgono i doni degli amici, e saremo felici tanto su questa terra quanto in quel viaggio di mille anni che abbiamo descritto". Queste parole chiariscono in modo definitivo il significato ed il valore del racconto dell’eroe Er.
I MITI DI EROS NEL FEDRO E NEL SIMPOSIO
L’amore è l’argomento di discussione proposto a Socrate da Fedro nell’omonimo dialogo, l’eros inteso come forza che muove l’anima nel suo desiderio di conoscenza . Il maestro di Platone immagina l’anima come un carro celeste trascinato da due destrieri di natura opposta e guidato da un auriga che ha il compito di armonizzare le forze contrastanti dei due cavalli per innalzare il carro, l’anima, alla visione del mondo delle idee.
VERSIONE DELLA CLASSE 3 LD
Versione della classe 3 LB
Come già nella Repubblica anche qui la soluzione del conflitto tra le pulsioni contrastanti che danno vita all'anima vengono risolte con il ricorso alla misura e all'armonia, che solo la parte razionale può esercitare. In questo contesto è però l'idea della bellezza che nel mondo sensibile può risvegliare nell'anima il ricordo del mondo iperuranio e guidare l'anima , attraverso la ricerca dialettica, verso la conoscenza della verità
Il mito dell'Androgino
Qual è l'origine di Eros e la sua funzione? Platone narra nel mito dell’Androgino, contenuto nel Simposio, il motivo della ricerca di una persona con cui condividere la propria vita.
Vi era un tempo in cui esistevano tre generi: il maschile, il femminile e l'androgino, che aveva entrambi i connotati. Aveva una forma rotonda, perfetta, quattro gambe e quattro braccia e due teste. La spiegazione per questi tre generi era che il maschio discendeva dal sole, la femmina dalla terra e l’androgino dalla luna, che partecipa sia all’Idea del sole che della luna. Gli umani erano felici, perché completi. Ma Zeus e gli Dei erano gelosi della loro felicità e , non potendo annientarli come avevano fatto con i giganti, né lasciarli vivere a quel modo, decisero di spaccarli in due. Avrebbero camminato eretti, su due gambe. Ma quando gli umani furono divisi in due, ciascuna parte, sentendosi mancante, cercava la propria metà tentando così di ricomporre l'unità perduta.
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L'ESSENZA TECNICA DELL'UOMO
Il mito di Prometeo
Nel Protagora di Platone viene rappresentato l’incontro tra il sofista Protagora e Socrate; Socrate chiede a Protagora perché gli ateniesi sulle questioni di carattere tecnico prendono in considerazione solo il parere degli esperti, mentre sulle questioni di interesse comune lasciano che chiunque possa prendere la parola in Assemblea?
Il mito con cui Protagora risponde è una rielaborazione di una storia tradizionale: il titano Prometeo ruba il fuoco agli dèi per correggere l’errore di suo fratello Epimeteo , che ha distribuito mezzi di difesa a tutti gli animali, lasciandone privo l’uomo; con il fuoco e le tecniche che ne derivano, gli uomini riescono a difendersi dalle belve, ma entrano anche in conflitto con gli altri, rischiando la reciproca distruzione. La versione di Protagora aggiunge perciò un epilogo : gli uomini ricevono allora da Zeus, la virtù politica; un dono così necessario alla sopravvivenza sociale dell’uomo da venir distribuito senza distinzioni a ogni individuo.
Versione della classe 3LD
Versione della classe 3LB
Protagora sostiene dunque, attraverso il mito, che il diritto di parlare in assemblea è fondato su una capacità che appartiene all’uomo per natura e che consente a ciascuno di contribuire con il suo giudizio al bene comune. Questa disposizione iniziale viene coltivata dall’educazione perché diventi una vera virtù politica, cosicché essa è il risultato congiunto di natura e dell'educazione.
Il mito di Theuth
Platone, nel Fedro, fa raccontare a Socrate un mito che spiega l'invenzione della scrittura.
Racconta Socrate che un tempo a Naucrati d'Egitto era sovrano Thamus e che Theuth, dio inventore, si recò dal suo sovrano per mostrargli le sue ultime creazioni. Egli aveva inventato il calcolo,
il ragionamento, la geometria, l'astronomia, il gioco dei dadi e degli scacchi e anche le lettere dell'alfabeto, la scrittura. Egli era assai orgoglioso soprattutto di quest'ultima invenzione e
riteneva che fosse necessario che tutti gli Egizi la avessero. Secondo Theuth, grazie alla scrittura, gli Egizi sarebbero stati più sapienti e la loro memoria sarebbe stata più forte: essa era
infatti il rimedio per la sapienza e la memoria.
Ma Thamus non era dello stesso parere: frenando l'entusiasmo di Theuth, egli sosteneva che in realtà, a causa della scrittura gli uomini sarebbero stati non sapienti, ma eruditi e saccenti, e che
sarebbe stato impossibile avere a che fare con loro. Non un rafforzamento, ma un impoverimento della memoria sarebbe stata la prima conseguenza dell'abbandono dell'oralità a favore della
scrittura.
Versione della classe 3LB
Versione della classe 3LD
La polemica di Platone nei confronti della scrittura, testimoniata anche altrove, è specchio dei tempi: l'oralità pura dell'età arcaica sta ormai lasciando spazio alla compresenza di oralità e scrittura, e la reazione di chi è ancorato all'oralità non può che essere di diffidenza. Platone, come Socrate, considera l'apprendimento come uno scambio interpersonale di conoscenze. Più avanti, sempre nel Fedro, Socrate dirà che un libro è come una statua: se interrogato non risponde. Platone prende dunque atto della rivoluzione rappresentata dall'affermarsi della scrittura ma ne mette in luce i limiti di contro all'esercizio vivo della dialettica, ritenuto dal filosofo come il metodo autentico nella ricerca della verità.
IL MITO DI ATLANTIDE
Atlantide nella versione della classe 3 CA